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Una fortuna ogni sette

Urto col dito una tazza di caffè americano, e dilaga sul piano di lavoro, inzuppando un mezzo racconto, la ricevuta dell'Imu, il nuovo Martin Mystere - ma solo di spigolo - e una brioche già morsa famelicamente in macchina. Giusto lei si riconosce nel contesto - tutto l'altro è incidentale. E però  proprio il caso - sia benedetto - mi srotola davanti infinite possibilità di romanzo, come un pilota di caccia che dall'alto osserva la terra e la scopre scacchiera. Le avventure umane si intrecciano, siamo cesti di vimini, stringiamo dita al cinema, e nodi gordiani dentro la fantasia. Poi salgo a Narni - un'altra volta -  a cercare terra per certe radici - che mi pendono dal sedere come tentacoli di un marziano - ma lo faccio nel giorno sbagliato, perché triluvia, e mentre asciugo le scarpe rovesciate sul termosifone, racconto la mia vita a casa mia, e sorvolando sui troppi aggettivi possessivi le confesso che forse sto per tornare. Non proprio dentro di lei, ma quasi, come un uomo che si innamora della sorella di una sua vecchia fiamma. Questo mi almanaccano i giorni, questo nuovo girovagare che credevo di aver smesso, e mi pizzica il sospetto di aver cambiato più case che fidanzate, in tutta la vita. Però la cerca è leggera, e appartiene ai giorni rubati, che ho raccontato in una storia vagamente matta: a primavera - mi dicono - si leggerà. Succedono per destino, talora, oppure devi farli accadere, forzando la mano. Così io faccio, da qualche tempo, e sgombro la testa dalle oppressioni umane - i figli, il denaro, il casellario delle fatture pagate (che non ho, e sono sparse per casa, infilate nei libri, e se me le chiedono sono fregato), la spesa 3 x 2, le analisi del sangue, i torti arbitrali - e così facendo scolpisco ogni volta una piccola felicità. Mi disintossico, ricammino le orme di un passato più vicino ora che venti anni or sono perché ora ho capito che mi preme raccontarlo, e faccio benzina per ambientarmi dentro i guai senza dare di matto. La chiamo fortuna, questa che mi regalo un giorno alla settimana, e la nascondo come l'amante che non ho. Un uomo deve pur avere qualche segreto. Salvo poi svelarlo a tutti - e Gino lo diceva: Non ti tieni manco le frasche per traverso - e farci la figura del fingitore che non sono.

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Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia