Passa ai contenuti principali

L'ovatta sui cavoli

Scrivere è faticoso, e non crediate che io ami così tanto il mio mestiere. Vorrei essere un fabbro, una libellula, un soffio di vento, l'arco di pietra - a Carsulae - sotto cui passano gli sposi. Vorrei essere uno dei tanti che passa la vita al bar. E invece. Perché scrivere sostanzialmente ti esclude: mentre lo fai gli altri vivono. Persevero, però, per due motivi formidabili: perché non so farne a meno - come uno che ammazza la gente per mania, ma spero di esser meno crudele - e perché è la cosa che mi viene meglio, tra quelle che danno da vivere. Alla Coop non accettano i miei libri in cambio di lenticchie e pane carasau; né posso sperare di far benzina infilando nel distributore automatico un paio di fogli di romanzo, anziché una carta da venti. Così devo far fruttare meglio che posso questo sciocco talento di narratore di disastri, ma in modo onesto. Sono io quello che scrive e sono io quello che scrivendo si piaga. Non lo so se tutti gli scrittori possono dire lo stesso. Sono sempre io quello che sta dentro a quel che leggete, anche quando non sembra. In ogni parola, in ogni fibra d'inchiostro, in ogni capoverso, in ogni spazio bianco, in tutti i puntini di sospensione, in tutte le voragini per cui riaggallo il passato, memorie che appiccico a gente che non esiste. Io ero Mirka, per dire, in quella storia sanguinante che ha fatto ridere un po' di amici. Io sono Gregorio e sono Corviana. E non è essenziale che vi importi di me: è importante sappiate che è così. Ora, ditemi voi se questo è un lavoro da incoraggiare. Eppure non ne so altri di più severi, di altrettanto rigorosi, di così oscenamente pudichi. Non l'idraulico, che arriva in collina e mi cambia una guarnizione, scherzando greve e parlando di corna; non la capo condomino, sopravvissuta alla mitologia greca, presumo nella sezione arpie; non il broker, fatto di mibtel e bolle speculative che mi scoppiano in faccia se provo a capirle. Ecco: vorrei essere altro ma non potrei. Posso dare un consiglio a tutti gli scrittori? Scrivete solo se vi fa soffrire non farlo, se vi smania, e il tempo vi si spacca in due: quello inutile che dedicate ai figli, all'amore, alla ricerca sul cancro; e quello necessario in cui mandate tutto a fare in culo e vi mettete a raccontare storie. Qualunque pretesto è buono, qualunque filo d'erba piegato strano. Io per esempio ieri - appena a casa - ho sentito odore di cavoli che cuocevano sul fuoco. Un odore d'infanzia, li cucinava mia madre le sere d'inverno, e tutta casa puzzava che era una bellezza. Ho detto, tra me e me: Rita ci metteva un batuffolo d'ovatta imbevuto d'aceto, sul coperchio. Ho fatto lo stesso. E così ho sconfitto il tempo, e afferrato per la coda un'altra memoria da trarre in salvo.

Commenti

  1. Scrivere può essere faticoso se non ci si accontenta delle prime parole che escono ma c'è anche quell'ansia di sistemarle "come si deve"... Poi non parliamo della fatica di recensire o di scrivere tesi universitarie accompagnate da apposita ricerca, presto mi toccherà qualcosa di questo tipo ma cercherò di farne anche un piacere...🙋🏻‍♂️

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Secondo me piacere e fatica, se ben mescolate, sono la ricetta giusta per ottenere qualcosa di buono. Ciao.

      Elimina

Posta un commento

Grazie per aver commentato il mio post

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia