Passa ai contenuti principali

Il mio nome

Indelicato chiamare coi vezzeggiativi del vecchio un nuovo amore, eppure c'è chi lo fa. Io no: ogni amore ha un suo nome proprio, nomignoli solo per sé, una precisa carta d'identità. Lavorare di fantasia e inventare epiteti ogni volta: questo è opportuno fare. Col mio naso da scrittore fiuto una storia in una sigaretta buttata per terra, mi interessa il prima, il perché, il tempo di quel fumatore che chissà chi aspettava, cosa ne ha fatto, oltre a fumare, dei minuti attesi, cosa ha comprato per cena, cosa pensa del regolamento dei gol in trasferta, cosa ha temuto - una malattia, un abbandono -  in quel frangente che fumava. Volevo scrivere per quello, quando ho cominciato: per ricostruire la storia dalle cento teste dietro quella sigaretta. E cerco etichette di pregio, il più possibile almeno, per ogni volto, perché nessuno dica Potevi sforzarti di più: Luca è troppo elementare. Se ami i tuoi personaggi vale come per le persone: dài loro nomi ponderati quasi fossero figli. Devono cadergli bene, schioccare sonori in bocca a chi li pronuncia, farsi ricordare.
Così è nata Mirka. E col suggerimento di una canzone di De André.
E poi volevo capire se ero capace di raccontare l'inafferrabile, il soprappensiero, il tempo delle azioni cui non dedichiamo alcuna forma d'affetto: il momento che hai freddo d'inverno a uscir dalla doccia e il momento successivo, che indossi l'accappatoio, che fa un rumore infeltrito, un odore d'ammorbidente, e dopo il gelo il tepore che provi, che sale dalle caviglie fino ai testicoli, alla schiena, alla nuca. Volevo raccontare le intercapedini, le minuzie, le briciole di crosta che cadono dal tavolo, le formiche che all'improvviso arrivano a banchettare. Volevo parlare di un terrore invincibile e di notti spietate, niente di meno. Ma volevo farlo senza angustiare nessuno, anzi facendogli sospettare che forse anche le cose più orrende alla fine avranno un controcanto allegro, un doppiofondo con un tesoro. Non lo so se  davvero sarà così: nel caso, abituiamoci all'idea. Svelo la cosa più orribile che potrebbe capitarmi, per quanto mi riguarda: essere sepolto vivo, svegliarmi in una bara. E allora racconto l'evenienza con incosciente leggerezza, che vale anche un po' da scaramanzia. E infine non scrivo per battezzare solo le persone ma le cose, gli atti, la mia chimica emozionale. Far capire loro che sono il padre, che possono odiarmi come i figli generalmente odiano i padri ma non possono negare di discendermi. I nomi: l'invenzione di un misantropo, un modo per cacciare tutti via dal suo eremo. Ci tengono a distanza di sicurezza l'un l'altro - si danno forse dei nomi le bestie? Ci distinguono. L'amore li storpia i nomi, inevitabilmente, come inevitabilmente amore e scrittura sono legati: ricordo come mi chiamavi ma non ricordo più chi sei. Scrivo per ricordarmi chi eri, dunque, anche se non sei mai esistita. Anche se forse ti ho inventata io. Io rammento solo che mi chiamo Francesco: tanto basta alla fine perché è quello, il mio nome, che va stampato in copertina.





Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia