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Visualizzazione dei post da 2015

Snob

Che ne so, a un dato momento uno si stufa di stare sempre fuori della fila, si secca di tornare divagante sui suoi passi e poi prendere in mezzo ai campi per un sentiero che vede solo lui,  tra le colonne di girasoli, e sospetta che forse sarebbe il caso di procedere come tutti in linea retta. Allora per cominciare decide di andare a vedere il nuovo film di Checco Zalone, che certi recensori definiscono geniale. I precedenti film li ha visti in tv, li ha trovati ripugnanti, stupidi e offensivi nei confronti della parola cinema , ma lui è un fottuto snob. L'alternativa sarebbe Star Wars, perché il primo Guerre stellari gli è piaciuto da morire ma aveva dieci anni, e ai quarantenni di adesso che lo idolatrano e minacciano di morte (mica tanto per finta) chi ne svela il finale consiglierebbe la visione reiterata di Blade Runner, finché non colgono la differenza. Poi decide di leggere i libri di Luca Bianchini partendo dall'idea che se li deve far piacere, perché Bian

Gli invasati

Certi sfidano dio. Hanno una febbre inestinguibile che li alimenta, fanno cose che nessuno ha mai fatte e che non hanno senso pratico - è questa la loro bellezza -  e non hanno utilità. Non sono medici, non sono aviatori, non sono benefattori. Appartengono a una stirpe impercettibilmente diversa dal genere umano, sono i temerari, stanno discosti rispetto ai comuni mortali, non un passo indietro o un passo avanti: solo uno di lato. Nascono invasati da una qualche santa demonìa, non vivono che per il numero, la scommessa folle, l'avventura inosabile. Sono timbrati già al nido da una smania inavvertibile dai comuni mortali, è il modo loro di credere in dio perché se dio esiste non ama i cauti, e la sfida diventa una conversazione tra cielo e terra. Io credo che tipi così dio li faccia nascere per rimettere in moto - di tanto in tanto - l'evoluzione, quando si incaglia in qualche talk show o nella prassi e sintassi di una classe politica. A quel punto arriva la variabile folle, l&

L'orto letterario

E così vi giuro benedette le pause, le mattine lunghe cui arrivo dopo un sonno largo e profondo come un lago, quelle che non ho da uscire e resto in tuta a scrivere e controllare l'oblò della lavatrice, ogni tanto, che non ceda perché ho ingolfato il cestello e inondi il terrazzo. Benedetta la mia vita che è un orto che curo ogni giorno, zappettando e costruendo canaletti di scolo per le cose brutte, da licenziare. Se mando una mail è un seme che potrebbe portare un ingaggio; se mi piace l'inizio di una storia c'è il caso che sia la testa del nuovo romanzo. Non sprechiamo niente, da queste parti: ancora per poco via Patrizi, Terni. L'indirizzo muterà. Nello stesso tempo che il diaframma di foschia ci mette ad alzarsi sopra la città e a lasciare agio al sole stento, mi organizzo la giornata, cioé la vita, perché la vita non la concepisco se non come un corteo di giorni da far fruttare. Ecco l'orto. Seminiamo, seminiamo, seminiamo. Non c'è molto altro nella vita s

Sommare e sottrarre

Uguale a quando le sere d'estate ci avventuriamo satolli della pensione completa tra i banchi del mercato settimanale, e vagoliamo tra le cianfrusaglie esposte, e compriamo fumetti antichi, e arriviamo in fondo alla fiera dove l'ultimo rigattiere ha appeso sopra la frutta secca le lampadine colorate; è proprio da lì, tra la siepe scura e le dune ammucchiate dagli spazzasabbia che ci s'accorge del mare come d'una scoperta. Andiamo in spiaggia, allora, molliamo i figli all'animazione e scappiamo a far danni adolescenziali, a pomiciare sulle sdraio chiuse; o la mattina facciamo il bagno al largo e la convinco a mollare l'Apocalisse sul telo, e toccarsi è inevitabile appena coi costumi addosso. Uguale a quelle volte in cui ci si promette l'eternità e poi la promessa diventa ricordo e il ricordo romanzo e il romanzo una seconda vita. Sbarazzarsi di un po' di zavorra - come quegli oggetti sulle bancarelle, giudicati superflui da chi svuota la propria cantin

Il fantasma dei Natali passati

Io che arrotolo pensieri astrusi non mi faccio mancare la curiosità del giorno in cui morirò, il giorno dell'anno, dico, più che l'anno stesso, perché ho sempre messo più attenzione ai dettagli che al quadro d'insieme. E mi avventuro a immaginarlo senza paura: visto che non posso farci niente è sciocco temerlo. Non mi dispiacerebbe che fosse d'inverno: d'inverno sono nato d'inverno comincerei il viaggio di ritorno. E non sarebbe male che succedesse nello stesso giorno in cui, in un anno lontano, ho fatto qualcosa di memorabile: baciato, amato, sofferto davvero per la prima volta. Come scruto senza chiromanzia il futuro, allo stesso modo - ma in maniera più attendibile - rintraccio il passato affidandomi alla memoria, ai miei sensi ancora ragazzini, perché nella testa ho un elastico che s'allunga e s'accorcia. Ho vissuto quarantasette Natali; di quattro o cinque non ho assolutamente coscienza, ma quelli tra il 1972 e il 1977 sono stati colpevoli della mi

Prove certe dell'esistenza dell'uomo

Il centesimo spettatore non entra perché i posti  sono novantanove, non si deroga. La cifra tonda è una banalità non contemplata: l'ultimo numero dispari a due cifre ha bellezza e mistero, come la mia vita, se ci penso, che s'era immusonita e adesso canta. Monte Castello di Vibio sta all'Umbria come una goccia d'oro a una fontana: chi la trova è fortunato. Perché sta così vicino che non la vedi, e questo è un peccato. E per trovarla tocca cercarla, non andare a caso. Io che andare a caso è la mia passione, stavolta mi son dovuto imporre disciplina; ho spento le smanie, messa poca benzina - così non mi lasciavo prendere dall'idea che un posto bello sia necessariamente un posto distante - e fatto 47 chilometri. Una domenica come ieri in cui tutte le cose pendenti - il granuloma, la tassa dell'immondizia, il commercialista - sono per un giorno prive di peso e il viaggio è fatto. 50 minuti a velocità di crociera: vado piano per far contente le mie ragazze. E una

L'amore coniugale

Che è una gran fatica e un gran divertimento, un lavoro, un impegno della madosca e uno sballo. Che è uno scazzo di attese, piedi freddi, pastasciutte sciape, leggendarie copule in alberghetti al mare che gli amanti se le sognano, corteggiamenti in pizzeria, che film vuoi vedere? e poi si addormenta sui titoli. Che è predicare male e razzolare bene, che è toccarla con una scusa qualunque tanto perché non puoi farne a meno, baciarla, morire se non ti bacia da dieci minuti. Che è bisticcio, frecciatine, tenere il broncio, voler l'ultima parola, poi morire un'altra volta se non ti sorride. Che è due ore per andare a Viterbo perché guida lei e se la fa tutta in terza e non farglielo notare, e metterci 38 minuti al ritorno quando guidi te, ma lei te lo fa notare. Che è non guardare nessun'altra perché nessun'altra è un paragone, ha il suo profumo, i suoi occhi quando ti vuole e fa quegli occhi lì che tu solo sai e ci scriveresti un altro romanzo, e nessun'altra ha il s

Anticorpi

Che ci colpiscano e sconvolgano più i morti di Parigi che quelli in Siria non è perché siamo disumani, o razzisti. O meglio: qualcuno di noi lo è ma non è questo il punto. Credo invece che la cosa abbia a che fare con il concetto di prossimità. È la stessa cosa se muore uno che conosciamo: ne siamo turbati perché abbiamo avuto un qualche rapporto con lui, ci abbiamo scambiato quattro parole al bar, gli stringevamo la mano a Natale. È chiaro che i morti sono tutti ug uali, per il semplice fatto che gli uomini sono tutti uguali. Ma i morti di Parigi sono gente più vicina a noi, l'abbiamo in un certo senso più in confidenza, è come se fossero sul nostro pianerottolo, la gran parte di noi magari è stata in Francia, ci sono affinità etniche e culturali, guerre di liberazione fatte insieme, parentele cinematografiche, rivalità gastronomiche e calcistiche, e sono tutte cose che legano. Ecco perché ci intristisce di più la notizia degli attentati di Parigi. Non siamo most

Calcata, il borgo della speranza

C'è un'Italia bella e coraggiosa da cercare, trovare, e una volta che l'hai trovata passarci dentro qualche ora e tornar via con dispiacere, l'anima in modalità sollievo e qualche foto. Succede ieri a Calcata, - scrivo al presente perché ancora mi sosta in petto la bellezza - corona di tufo sopra un promontorio medievale che parcheggi lontano e te la fai a piedi: in discesa ad andare, in salita -  rasserenato da quel che hai visto - a tornare. Il clima è perfetto, sembra che regni maggio anziché novembre, e cordiali le facce della gente che si tira su da sola, apre camicerie hippie e bric-à-brac e sopravvive, e coltiva il bello e l'utile insieme perché si può, alla faccia della politica e della sua distanza dalla verità. Qui c'è verità, e se hai pensato fino ad ora che da questa nazione te ne vorresti scappare, in posti così ti ricredi, e lanci la tua sfida: un altro libro, altri laboratori in cui dare dritte per romanzi, altra sfrontatezza e libertà. Ragazzi

Insonnia

Quando nasciamo facciamo presto a impratichirci del mondo, ne impariamo l'alfabeto in fretta, così che se dico a mia figlia Vado a prendere una cosa in macchina lei capisce al volo perché sa il significato di andare, prendere, cosa e macchina. Non so se gliel'ho insegnato io, se gliel'ha suggerito il tempo o se ce l'aveva nel dna, per cui ha dovuto solo recuperarlo da un sottoscala. Crescendo scendiamo a patti con il linguaggio che troviamo, non ci chiediamo se sarebbe meglio correggerlo, se a imporne uno nostro tutto nuovo a quelli che ci mettono al mondo ci capiremmo meglio. La lingua dei figli invece che dei padri: sarebbe forte. Faccio di questi ragionamenti scoscesi alle due del mattino, nell'ampolla d'insonnia dalle pareti di vetro infrangibile che talora mi contiene, implorando agli spiriti della notte - ce ne sono alcuni nella mia camera alle prime armi, vergognosi di mostrarsi di giorno - un'elemosina di sonno. A quell'ora non sono sveglio

Così è la mia vita

Amo le stagioni di mezzo, indecise se fare un passo avanti o indietro, sfocate, e così è la mia vita che -  per buona sorte, già da quando ero bambino - non riesco a leggere limpida, sennò la capirei troppo e non potrebbe sorprendermi; pure è un romanzo, a volerla scrivere. Certe vite - forse la mia tra queste - sono più narrabili di altre, sembra abbiano un teatro di posa assegnato: autunni e primavere, e dentro ai primi ricadute di sole e alle seconde  temporali, così che a ogni malinconia si sposa una prospettiva di gioia e a qualsiasi felicità un'accettabile ansia. Niente estati e inverni, piuttosto: foschie, che sono più belle da raccontare dei giorni nitidi; per cui cammino cauto ma risoluto verso dove devo. Verso dove devo è un sistema di gioco per la vita più che un traguardo, e iddio sa quanto faccia fatica a considerare la vita un passatempo. Mi ci impegno però, con buoni risultati e fallimenti in cui rinnego il proposito e a giorni storti trovo tutto spregevole, tutto

Halloween

La mia vista si è abbassata da quando leggevo qualsiasi libro scritto in piccolo, tipo quelli degli anni Ottanta, 100 pagine 1000 lire , chi se li scorda? -  ne ho una caterva, incolonnati per genere. Scoprii in quel modo certi classici dell'orrore - Le Fanu, Lovecraft, Bierce, le storie spettrali di Capuana, Lauria e Tarchetti - che altrimenti mi sarei perso, e sarebbe stato un peccato. Specie da quei racconti di streghe ho capito che amavo farmi spaventare - ce l'avevo dentro di me quel sentimento, come tutti i sentimenti; avevo solo bisogno che i libri me ne facessero accorgere. E che amavo leggere quei racconti in un guscio adatto: dopo il tramonto, col vento a fischiare chioccio, ai riverberi di luce del camino, una coperta sulle ginocchia, solo in casa, porta sprangata e termosifoni spenti. Il freddo ricrea le condizioni di un tempo nelle fattorie avvicinate di lupi, le gemme di legna che scoppiano e il profumo della quercia che brucia, la resina che cola sulla brace, fr

Gli scrittori siciliani

Ettore Majorana scomparve come farei carte false per scomparire anch'io, senza cadavere e funerale, e dopo che lo presunsero morto continuò probabilmente a vivere in qualche parte del mondo. Benché sappia di fisica quanto uno zero mi avvince la vita solitaria ma zeppa di persone appena scostate, mai troppo familiari, di questo catanese che risparmiava parole perché forse temeva che ognuno ne abbia una certa quantità e non oltre, e alla fine della riserva si muore. Mi conforta la sua timida scontrosità, la sovrappongo alla mia e umilmente ne ricavo la stessa coerenza - fatte le proporzioni tra i suoi problemi e i miei. Uscì dalla leggenda dei ragazzi di via Panisperna quando fu certo che tutta quella scienza avrebbe fatto disastri incalcolabili a priori; ne ebbe presagio allorché un bambino bruciò vivo dentro una culla e nel misfatto furono coinvolti certi suoi parenti. Lo racconta Sciascia, con quella scrittura tipica dei siciliani, in perfetto italiano ma a porger dritto l'o

Far tesoro

Se fossimo fatti di legno e ferro non avremmo di che scrivere perché scrivere è memoria e la memoria è carne e sangue. Ne discende il dolore, da questo piccolo ragionamento, e la sua indispensabilità. Perché è lui il sentimento più stanziale mentre tutti son nomadi: un giorno ci stanno, l'altro no. La sofferenza tempera le matite, e a me ha sempre divertito scrivere a matita su un foglio, possibilmente senza righe, per il gusto di andare storto. Più a matita che a penna, perché mi piace il colore d'autunno che spande a rivoletti sul bianco, mi piace lo struscìo, la punta che s'accorcia, s'acumina, la gomma da mordere all'altro capo. Scrivo sul computer per pigrizia e per condivisione: racconto alla svelta e racconto di più, ma di matite ne ho per farci una guerra; l'ultima, comprata a Recanati. Cerco di essere grato al dolore, quindi, e non è cosa facile. Ma il dolore scava trincee di memoria che tornano come segni di una guerra che hai prima p

Consapevolezza

Sono stato alla presentazione del libro "Chi comanda Terni", di Claudio Lattanzi​; di norma compro "Il Fatto Quotidiano", uno dei pochi giornali italiani che riesco a leggere senza vomitare. La chiamo consapevolezza. È un percorso che richiede tempo e coerenza. E scelte, perché non pretendo di aver capito perfettamente torti e ragioni e perché ogni scelta ne esclude delle altre, magari non proprio disprezzabili. Il mondo è un posto di infinite varietà di grigio, non di bianchi e neri, di foschie più che di sole pieno. Ma l'intuito, la ragione, la morale, mi suggeriscono che ciò che mi raccontano Lattanzi e Travaglio - e alcuni altri cui concedo fiducia critica - è quanto di più simile alla verità si possa ascoltare. Lattanzi parla di un grumo di potere che a Terni gestisce, col permesso della maggioranza cieca dei cittadini, la politica e l'economia per conto e a vantaggio di Perugia. E parla, tra altre criticità, delle Acciaierie, ai cui proprietari tede

Cinema etico

Ai semafori si incolonnano macchine nervose, guidate da persone instabili, che ogni mattina accettano l'eventualità di uccidere o essere uccise per un sorpasso, una freccia non messa. Lavorando a singhiozzo, due minuti prima del verde e poi restando fermi finché non torna il rosso, inservienti del circo fanno distribuzione -  tra i finestrini - di biglietti per lo spettacolo  pomeridiano, e concorrenza ai lavatori di parabrezza. Statisticamente si litiga nel traffico tutti i giorni, talora in modo meno veemente, e conta se abbiamo affondato il colpo con soddisfazione o siamo andati in bianco, se la Champions è stata un allegria o ci hanno sbattuti fuori. Se ci va l'acqua per l'orto perdoniamo tutti, facciamo passare la signora imbecille che attraversa due metri distante dalle strisce pedonali, e le sorridiamo, appena compatendola per il cane in braccio. Ci ritroviamo alla sera in quelle spaventose adunate che chiamano apericene o ai gran galà di maleficenza , dove la mogli

L'amante

Quando mi sveglio così, con lei che mi bacia, abbraccia e vuole avermi tutto per sé, non c'è verso di dissuaderla. Mi tocca dappertutto, mi sfinisce, non riesco a mandarla via e non so quando è arrivata. Magari alle quattro, che sono andato in cucina a bere; magari era lì, acquattata sotto la stampa di Corto Maltese: mi si è buttata addosso come una coperta e io non me ne sono accorto. Forse ho inteso una specie di tepore, deve avermi fatto perfino piacere, perché stanotte ha piovuto e dalla finestra aperta entrava Ottobre, finalmente convinto. Poi stamattina era sveglia prima di me, anzi forse mi ha guardato dormire e ha pensato bene di restare ancora un po'. Lo sa che è inopportuna, ma non gliene importa; arriva a dare il cambio a sua sorella, che è il suo contrario: frivola e salterina quanto lei è costante, si congeda solo quando le va, ed è più tenace di qualunque obiezione. Si trattiene specialmente quando non ha motivi per farlo, stinge i colori, fa tutto grigio e intor

Il disprezzo degli artisti

Stagioni che la vita mi piazza davanti e mi convince ad abitare traverso una porta socchiusa di là dalla quale c'è odore di rinascenza: una di loro stava stamattina sul fondale del mio terrazzo, mentre mi rallegravo per la prima lavatrice che sono riuscito a fare dopo che per anni ho portato le mutande da mia madre. In radio - un'ora più in là -  ho letto Sciascia, l'incipit de Il giorno della civetta . Mi piace questa abitudine - contraria al parlume dei deejay dementi - di leggere pezzi di letteratura a chi non conosco, specie se immagino che mi ascoltino dopo cena, a pensieri scacciati e luci basse, sulla poltrona più comoda, una copertaccia sulle gambe. I buoni libri proteggono dal buio fuori, sì, fino a tirarlo dalla tua parte, fino a che non diventa indispensabile alla bellezza delle tue sere. E allora li racconto, basta che taluni in certe case rasserenate ospitino la mia voce da un altoparlante. Dirò di più: sto guardando la prima stagione di Les Revenants : perch

Il destino di chi legge

Accerchiato, assediato dai libri. Potrei morirne senza dispiacermene, ci pensavo ieri, al workshop di scrittura creativa. Ieri e ogni volta che entro in libreria. Se mi carcerassero chiederei per pietà di scontare la pena in una galera colma di romanzi. E non per il godimento che ne avrei  - che pure è incurabile - ma al contrario per provarne rimorso, e camminare la distanza interminata tra ciò che ho letto e ciò che vorrei (e dovrei) leggere. Leggere è un lavoro che non prevede una fine, è una ragnatela di zucchero filato di rimandi, deviazioni, intuizioni, cerche, che ti si appiccica addosso come da ragazzi la bava di quel bastoncino al luna park. Figliano di continuo gli scaffali, su cui spettacolarmente i librai dispongono gli scrittori che bisogna frequentare, quelli che mi piace frequentare, quelli che devo frequentare per poter dire che li detesto: i libri non stanno mai fermi, cambiano posto nelle tue priorità, ti fanno gli agguati, come i gatti. Ci sono stili che rapiscon

Scrivere

Sapete, scrivere è una specie di cospirazione. Si cospira contro i propri spettri, contro la ripetitività dei giorni, la prospettiva della morte. Io, faticando assai, due cose in croce le ho imparate e provo a suggerirle a chi vorrà starmi a sentire. Stasera e domani ripartiamo con due differenti laboratori di scrittura: un lavoro che mi piace perché mi piace pasticciare con le parole e cucinare dolcetti con ingredienti noti ma il cui sapore sia nuovo. Una delle prime cose che dico, ai corsi: rubiamo dai più bravi per costruire uno stile personale. Che sembra un paradosso ma a pensarci bene è il segreto di quelli che sanno cosa scrivono e danno forma e sapore ai libri. Leggo sui social commenti entusiasti per romanzi insignificanti: recensori imberbi che ai temi prendevano sei meno li definiscono stupendi e anche meravigliosi . Sono quelli che  ignorano Buzzati e Sciascia ma idolatrano gli scrittori del nulla e spingono case editrici con una dignità storica a privarsene per sempre p

Storie corsare

Io avrei voluto viaggiare per mare, e forse in un'altra vita l'ho fatto davvero, appresso a un uragano. Così ogni volta che mi imbatto in una storia corsara mi incanto: L'isola del tesoro , per dire, credo sia il più bel romanzo mai scritto, l'unico che ho letto due volte, ora e da ragazzo, come tornare pentiti dal primo amore dopo aver capito che nessun altro lo vale. M'innamoro dei libri ma li tradisco, abbandonandoli per altri e poi chiedendo loro scusa. Soprattutto con quelli marinari fatico a esser fedele, perché l'oceano oltre che attrarmi mi fa paura e ogni tanto devo scendere dalla nave. A Farfa ieri, terra di monaci e incunaboli, m'è presa un'altra infatuazione. C'era Liberi sulla carta, fiera dell'editoria indipendente (dove fiera oltre che per nome va inteso per aggettivo, visto il giusto vanto dell'editoria libera dalle logiche del mercato) e ho trovato un romanzo breve che racconta il dopo della Mary Celeste. Lo ha scritto su

Parigi, non era destino

copyright Disney Pixar Già di questi tempi, più ottobre che estate ma senza il caldo ostinato di adesso, attaccavo -  in certi pomeriggi dal muso lungo che pioveva e non pioveva -  via Menotti per la salita di san Valentino o per la scorciatoia di scalette e case popolari, e sembrava che il niente che era la mia vita si irrobustisse un poco, e lasciasse il posto al qualcosa . Uscivo lasciando su fb o qui dentro questa casa/blog alcune stente e passeggere paure che diventando di tutti sbiadivano, senza contare che era bello poi sotto leggervi puntuali, grati commenti. Per due anni ho camminato tanto, mangiato poco, amato a caso, dormito soltanto quando impietosivo dio, letto un'enormità. E consumato centinaia di ore di scuola, di radio, sognato la vita che faccio adesso, o meglio quella che farò tra poco, che sarà ci scommetto perfino meglio della speranza. Sono sceso a pesare sessantasei chili, compravo Medioevo , Il Fatto Quotidiano . E ripensavo con discreta, costante osses

Senza una scelta

Io credo. Credo in tante poche cose ma in alcune persone perfette, di micidiale esattezza per la mia vita. Credo che sia il tempo - ora, proprio qui - di rivoltare la paura in speranza, l'immobilità in dinamismo. Io non voglio ammalarmi ma non lo eviterò stando seduto a temere che accada. Il bello degli uomini è che a volte non hanno scelta: vivere -  contro ogni evidenza, contro il buon senso -  è l'unica risposta. Per cui progettare: è la cosa più giusta, quella che so fare meglio. Cosa? Ogni cosa. Stare con te, perché sei la mia ragione e il mio sentimento. Crescere mia figlia meglio di quanto ho fatto finora, scrollandole di dosso le scorie dell'adolescenza, anzi aiutandola a farlo ma da lontano, perché ognuno deve godersi il vanto di decapitare da solo i propri mostri. Ma anche cose più piccole, che significano voler bene a se stessi: scaldare la pizza invece di mangiarla fredda, per esempio, e smettere di dire che tanto è uguale. Voglio sorridere, scagliar via una vol

L'estate sfrontata di Flavia e Roberta

(ansa) Ho giocato a tennis per anni - male, da schiappa - finché un'ernia non mi ha fatto smettere. Però mi divertivo, ricordo la mattina prima della partita che scrutavo il cielo: se avesse piovuto niente match. Giocavamo sul cemento micidiale di Itieli, in tenuta contadina, con le galline a becchettare fuori della rete, o alla Valletta, circolo borghese in cui un'ora di gioco durava 50 minuti - la relatività del tempo - griffati Lacoste, per darci un tono, e ci scuotevamo la terra da sotto le suole con le racchette, come i campioni. Ho amato il tennis dei poeti - John McEnroe: l'aedo moderno; un po' meno quello dei bombardieri, dei pallettari, però mi piaceva l'audacia serve&volley di Boris Becker, tedesco curiosamente simpatico. Ho vissuto in tv almeno tre finali di Davis azzurre: tutte perse. Mi venivano ogni tanto - inspiegabilmente, forse solo per istinto - certi colpi straordinari, annacquati in un mare di boiate galattiche, e pur avendo un braccio

Timeout

Oh, sì. Se solo avessi un mestiere che mi fa costruire le cose con le mani vedrei il mio ingegno farsi concreto e avrei la prova tangibile di ciò che so fare. Ci ho pensato, qualche volta. Cucire borse, risuolare scarpe, rilegare vecchi dizionari di greco, con uno scalpello far diventare un pezzo di legno un dosa spaghetti. Invece io tutte queste cose le guardo finite, le compro nelle artigianerie, non conosco il tempo del loro trasformarsi da materia prima a oggetto, non passo le notti in bianco ad aspettare che mettan le branchie, non sperimento la poesia della loro gestazione. Sono una di quelle persone che consumano la creatività altrui e - per competitivo spirito di emulazione - provano a loro volta a creare, ma gli vengono solo libri  - o altre sciocche, presunte opere d'arte - e dopo che hanno scritto un libro pretendono pure di diffonderlo ai Colossesi e ricavarne di che vivere. Invece ogni libro scritto avvicina alla morte perché a furia di prender confidenza con te stess

Fame d'aria

Quando ho questo boccone di tristezza che non passa e resta incastrato in gola non c'è rimedio che scriverne, tentare di scenderci a patti, e se anche un solo amico mi legge - e mi fa sapere che ne pensa - non sarà tempo perso. Tanto ne perdo a bizzeffe, di tempo: ad aver paura di ammalarmi, ad aver paura che stia male chi amo, a scrivere sciocchezze su questo blog, compulsivamente, come un tossico di parole. Scrivevo di meno, una volta, e scrivevo più superficiale, leggero. Era quando il mondo sembrava il progetto di un dio per bene. E allora scusatemi se parlo ancora di dio, ma è che lui non risponde, non commenta i miei post; non so, magari sta tatuando qualche frase di Miley Cyrus sulla natica di una commessa di Eurospin ma non c'è verso, si finge assente, morto. E finché non risponde gli romperò le palle: deve ammazzarmi per farmi smettere. Forse per questo mi fa vivere a Terni, ora che ci penso. Vorrei chiedergli due o tre cose che mi stanno a cuore, comunque; quando l

Il mio nome

Indelicato chiamare coi vezzeggiativi del vecchio un nuovo amore, eppure c'è chi lo fa. Io no: ogni amore ha un suo nome proprio, nomignoli solo per sé, una precisa carta d'identità. Lavorare di fantasia e inventare epiteti ogni volta: questo è opportuno fare. Col mio naso da scrittore fiuto una storia in una sigaretta buttata per terra, mi interessa il prima, il perché, il tempo di quel fumatore che chissà chi aspettava, cosa ne ha fatto, oltre a fumare, dei minuti attesi, cosa ha comprato per cena, cosa pensa del regolamento dei gol in trasferta, cosa ha temuto - una malattia, un abbandono -  in quel frangente che fumava. Volevo scrivere per quello, quando ho cominciato: per ricostruire la storia dalle cento teste dietro quella sigaretta. E cerco etichette di pregio, il più possibile almeno, per ogni volto, perché nessuno dica Potevi sforzarti di più: Luca è troppo elementare. Se ami i tuoi personaggi vale come per le persone: dài loro nomi ponderati quasi fossero figli. De

Vita in tempo di guerra

Scrivo di quell'inezia che ho capito e di quell'universo che non afferro, scrivo per tenere un fiammifero acceso in una immane caverna: ne ho intuito l'ingresso, non ne vedo la fine. Scrivo d'amore conoscendolo alla lontana, cugino di terzo grado, ho raccontato di gente innamorata ed è stato come improvvisare all'esame di Glottologia. Mi capitò sul serio: mi fecero una domanda assurda e me la cavai con la parlantina, senza avere idea di cosa dicessi, senza ascoltarmi per non scoppiare a ridere. Forse per questo - perché ho più tempo per intuire qualche verità  - ho un debole per le storie potenzialmente infinite, come The walking dead , il serial ma anche il fumetto, racconto imperfetto che ti incolla ai suoi eccessi fino a farti scordare che ti sta romanzando i tuoi, e allora dici Non può succedere . Invece è già successo, proprio a te. Una metafora gli zombi, mica ci vuole una testa d'uovo a capirlo. Come il dio tatuatore, come Mirka, se mi passate la presunz