Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da aprile, 2014

Che la festa cominci

A me Narni fa battere il cuore. E non è un modo di dire. Altrove sembra che si fermi, si congeli: direi che vivo senza vivere. Nella mia città tutto riparte, il sangue fa il suo giro, come il vento, i pensieri s'allargano sulle piazze e trovano dimora in angoli rassicuranti, le pene perdono peso, consistenza. Il tempo della festa a Narni è un tempo di ricordi ragionevolmente allegri: accettabile per uno come me che non è mai stato bambino nemmeno da bambino. Non che fossi più intelligente o sveglio dei miei amici. No. Solo più malinconico: forse un presagio di quel che sarebbe stato. Mi piaceva restare in tabaccheria con mio padre, la sera del corteo storico, fin quasi a mezzanotte. Entrò Sergio Castellitto, una volta; un'altra Marcello Mastroianni. E poi facce diverse dal solito e parole toscane e venete, marchigiane e ciociare: turisti a prendere le Marlboro lights , cartoline, gomme da masticare, a chiedere dove mangiare, che le hostarie scoppiavano. La folla densa, stanc

Darei un anno di vita per...

Ho avuto la fortuna di vivere tante cose - non tutte belle, in verità, ma molte sì - e quindi ho una bisaccia di ricordi assai pesante. Ma è un fardello che si porta con piacere, se posso fermarmi in qualche piazza, aprirlo e mostrarne il contenuto, romanzandolo un po'. C'è che i ricordi vengono in mente quando vogliono loro, non esiste un tasto da schiacciare per selezionarli. Vengono e vanno con leggerezza, e lasciano spore di malinconia, così che quando gli amici ti chiedono cos'hai tu possa rispondere Niente , con l'espressione che tradisce il contrario.  Le domeniche degli anni settanta erano un quadro di gente in posa, tutti a recitare la loro parte: eccolo il ricordo assassino di oggi. Appena primavera sgomitava tra le nubi, verniciando sulla striscia di Flaminia sotto casa  il suo chiarore, mio padre mi mandava a comprare il gelato da Persotti o le paste da Evangelisti. Guai a confondersi, ciascuno aveva un talento dolciario specifico e a suo modo unico. Le pas

Amore, ti ricordi di noi?

Ben mi sta. Andare al cinema, dico, senza informarmi prima. Che poi lo ero, informato. Solo che non pensavo di mettermi a piangere ai titoli di coda. Ho messo gli occhiali da sole appena si sono accese le luci, tanto che mia figlia mi ha detto Sei matto? Siamo andati allo spettacolo pomeridiano di "Ti ricordi di me?" a Narni. Commedia favolosa (in tutti i sensi) diretta da Rolando Ravello, con Ambra Angiolini e Edoardo Leo. La storia di due problematici trentenni (lei narcolettica, lui cleptomane) che si sfiorano, si innamorano, si mettono insieme e poi... E poi niente, dovete vederlo, mica posso raccontarvelo tutto. Lui, Roberto, lavora in un supermercato e scrive  favole per bambini dai titoli improbabili,  tipo "Alice nel paese dei terremotati". Un editore lo schifa, poi scopre che al figlio "decerebrato" piacciono, ci ripensa, fiuta il best-seller e pubblica il libro. Lei fa la maestra, sta con uno che potrebbe essere suo padre, quando si emoziona cad

Avevo dieci anni quando...

Avevo dieci anni quando scoprii il linguaggio artistico degli adulti. Prima che me lo insegnasse il cinema, prima dei romanzi americani. Era giugno, mattina: scuola finita. Salii all'edicola arrampicata di piazza Garibaldi, issata come un gabbiotto medievale a difesa di un valico, a un passo dall'arco del duomo, nel cuore della mia Narni. L'edicolante era un omino tondo che spariva tra i giornali. Per prenderne uno, te, cliente, dovevi allungarti sopra un mare di riviste e alzarti sulla punta dei piedi. Per noi ragazzini era impossibile. Per questo i fumetti il giornalaio li metteva in basso, a portata di gnomo. Quella mattina un trapper barbuto, dall'aria cordiale, con un fucile lunghissimo in mano, su un cavallo che sembrava docile, mi osservava dalla copertina di una nuova collana. Si chiamava Ken Parker. Capitò come per i grandi amori: di primo acchito non li riconosci, ci vuole un po' di tempo per capire che ti saranno indispensabili tutta la vita, che ti acc

Franceschini e il paranormale

Sono praticamente astemio. E non ho mai fatto uso di droghe, neanche leggere. Questo farà ridere alcuni dei miei studenti, che mi giudicheranno uno che non sa vivere. Ma non fa niente. La premessa sulla mia sobrietà era però necessaria per quanto sto per raccontare: le piccole cose inspiegabili della vita, il lato oscuro della luna. Gli episodi minuti cui non sai dare una lettura razionale. Càpitano. Solo che facciamo di tutto per ignorarli, ricacciarli indietro, credere che siano l'esito di un'indigestione di frutti di mare. Tre o quattro volte ho sentito voci di morti. Non dentro la testa, dentro le orecchie. Una, a campione, antica: mio zio, il fratello di papà che da bambino mi dava lezioni di pianoforte, se n'è andato nel 1995. Pochi giorni dopo il funerale, avverto distintamente la sua voce che mi chiama. Ero a casa, solo. Di pomeriggio. Nessuna tv accesa, niente radio. Condominio deserto, mi affaccio dal balcone e in strada non passa nessuno. L'ho fatto per fare