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Visualizzazione dei post da aprile, 2016

Il colore della tristezza

Io scrivo più di quanto parli, e questo tante volte è un problema. Se escludo i miei laboratori e le dirette in radio - dove parlo pure troppo, - in genere me ne sto zitto assai, forse per risparmiare parole: sia mai ce ne avessero assegnato un numero finito a testa e una volta esaurito si muore. Per cui vengo frainteso, la laconicità scambiata per misantropia o più sovente per amarezza, il che non è vero: qui lo dico e qui lo affermo. Certo non ho quella predisposizione ad attaccar bottone con tutti che alcuni geneticamente manifestano, come i capelli rossi o le efelidi, e così mi sento apostrofare Ma te sei malinconico ; ed è successo, in altre epoche, che qualche amica mi abbia definito paravento - ma con più esplicitezza - e io ho preso e portato a casa. Mica era vero, manco quello. È che posso scrivere solo nel silenzio, mio e delle cose che ho attorno. Se la televisione parla, io abdico. A proposito di cose nuove da scrivere, mi è capitato di esplorare un fenomeno curioso che

La memoria della morte scampata

Certe mattine sconfino nei ricordi come una mosca in una zuccheriera, e come quella mi ci addolcisco, finché non tolgono il coperchio e mi fanno volar via. Sono stufo di raccontarli e allo stesso tempo non so farne a meno, razza di tossico incurabile. Ci ho messo un po' a capire che la memoria è tutto quel che sono, il presente e l'avvenire, e per cui ogni passo che muovo ha senso solo rapportato a lei. Se scrivo, per esempio, mi diverto a rompere la parete tra me e chi legge, lo porto dentro, lo invito sul palco o nel retro di casa, dove c'è un giardino d'erba e tavolini di ferro, e da una parte un piccolo rinfresco, con caraffe di frutta nel vino. Così succede nel romanzo nuovo, il terzo, che per la piccola esperienza dei primi due sto curando più nei dettagli: un tantino maniacale, ma mi piace solo così. La memoria c'entra anche in questo, anche se in maniera diversa dagli altri. C'è la memoria della morte scampata, che nei giorni si è mutata in sollievo e qu

I disarmati

C'è questa malnascosta cospirazione nella mia famiglia allargata che aspira a farmi tagliare i capelli. Che a onor del vero non sono così lunghi - biancastri sì e ingovernabili -  ma niente, loro li vedono esagerati. Per cui mia suocera a mia figlia: Ma che tuo padre vuole fare il ragazzino? e io a protestare che no, non voglio, non volevo farlo neanche quando lo ero, figuriamoci adesso. Così mi rincresce consigliare a tutto il parentado la buona pratica dei cavoli loro, ma non c'è altro sistema per farli smettere.Che poi mica se la piantano: rallentano, fingono di parlarti d'altro, poi ricominciano la solfa. Io i cavoli miei me li faccio finché con qualche comportamento storto qualche gentiluomo non mi fa un'invasione di campo. Presempio stamattina. Andavo a buttare la differenziata, dieci minuti buoni per dividere la plastica dalla carta, il vetro dall'umido. E invece arriva un tipo bello e svaporato, con la sua ragazza dal labbro orecchinuto, che svuota nel pri