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Visualizzazione dei post da maggio, 2015

Domani sta arrivando la pioggia

Domani sta arrivando la pioggia. Il vento invece è già qui, sul mio terrazzo; scompiglia la confusione degli oggetti - i libri, le tazzine di caffé, le sigarette della sera - dando loro un ordine casuale più convincente del mio. Tutto appare come è: mischiato a tutto, senza la pretesa di dominio delle cose che fa patetici gli esseri umani. Il secolo di misantropia di Marquez ha le pagine arricciolate dalla mia trascuratezza: l'ho lasciato sul tavolo di plastica, in mano all'inverno, dopo che fino a ottobre mi ha fatto impazzire a rileggerlo , giusto trentanni dalla prima volta. Tanto so e tanto basta di un giovedì d'attesa di un'altra stagione quando credevo che quella uscente fosse l'ultima. Esser vivi non è scontato e non è poco. Perché sono andato in edicola, la più gradevole tra le tante che frequento - per la cortesia sorrisa e antica del giornalaio, un uomo che pare scusarsi per ogni cosa che dice - e l'ho trovata chiusa. Chiuso per lutto , ci hanno i

Al confine del mattino

Ho ripreso a fumare, dannazione,  ma solo la sera, in terrazzo, la stella polare a ore dodici, in compagnia dell'unica persona con cui fumare non fa male anzi aumenta in lunghezza e pienezza la vita. E poi dopo vado a dormire e sogno, come stanotte che ho sognato una cosa buffa e per questo voglio raccontarla, prima che snebbi, nonostante solo ieri ho scritto di Mirka a Torino e non m'è abituale fare due post uno appresso all'altro in due giorni attaccati. Pur tuttavia. Ho sognato un anziano secco che somigliava a Ungaretti e vendeva quadri senza cornici davanti a un negozio di mobili. Stavamo lì a comprare una poltrona; a un certo punto io esco, vado verso il vecchio e comincio a guardare i quadri. Uno ritraeva un uomo sorridente che alla guida di un'automobilina giocattolo, di quelle della mia infanzia, pedalava dentro un cimitero. Il dipinto era tutto in bianco e nero - un bianco e nero lucido, come ci avessero passato sopra del detersivo - tranne un tulipano gi

La ragazza sta partendo

La domenica mattina ha questa malinconia dentro di bicchieri non lavati che stanno in giro da un giorno e ti fanno impercettibilmente più giovane, ti respingono a ieri, che avevi da far ripetizione, portare la ragazza dalla nonna, caricare la macchina e partire per il viaggio breve della campagna. Ha un disbrigo di tante cose incollate l'una all'altra, il sabato, e quando le hai spicciate tutte restano i gusci vuoti, dentro i quali il tempo forma echi di nostalgia. Non potrebbe essere altrimenti: ogni scrittore ha bisogno di un posto che lo assecondi. Casa mia è così perché si presta a lasciarsi impressionare come pellicola dai pezzetti di vita di chi vi soggiorna e poi se ne va. Come adesso che Mirka è a Torino, e la cosa un po' mi stranisce. Lei è nata qua dentro - via Americo Patrizi 6, Terni - e sapere che se ne va in giro per il mondo da sola fa specie e allo stesso tempo inorgoglisce. Le sue avventure stanno là, ad aspettare che qualcuno le scopra, nello stand dell

La buona scuola

Una scuola media che conosco chiede a ciascun alunno di pagare dodici euro per ascoltare letture di brani scelti in inglese e spagnolo con insegnanti madrelingua. Si precisa che chi non paga non potrà partecipare e dovrà svolgere esercitazioni per conto suo. Alcuni genitori scelgono di non pagare: non è chiaro se siano previste ricevute o è tutto in nero; è l'ennesima richiesta di denaro dopo i trenta euro versati dalle famiglie per fantomatiche spese di cancelleria e dopo la costrizione all'acquisto dei biglietti della lotteria natalizia; e soprattutto l'iniziativa suscita dubbi sulla competenza della prof titolare se ha bisogno di una collega madrelingua per far ascoltare la pronuncia giusta ai ragazzi. Un po' come se io, al momento di leggere Dante, chiamassi un glottologo perché l'italiano del Trecento non lo padroneggio a dovere. Ma il bello è come finisce. Finisce che anche gli studenti che non hanno pagato partecipano al corso. Perché? -  chiedo in segret

Iddiosincrasia

E siccome un uomo non può vivere senza progetti, ripartiamo. Un po' come mettersi a scrivere quando non sai che cosa: ti siedi davanti allo schermo e la frase giusta arriva, tipo adesso che mi è venuto E siccome un uomo non può vivere senza progetti, ripartiamo e tutto il resto poi - allegro - s'accoda. Tempo di improvvise maniche corte, di Panda del novantadue che a dargli gas in rettilineo strillano e ti rifanno ragazzo, di un dirimpettaio anziano che inveisce nel patio contro la moglie dopo che -  presumibilmente -  l'ha frullata di vaffanculi casalinghi tutto l'inverno. Coincidenze che... Che a ben guardare... uhm... Scusate un istante.  Non sentite? Il vento. Non sentite che furia? Sbam! Sbam! Predone, violenta la tenda del terrazzo, -  m'è costata mille euro, se la strappa mi sparo -  scuote i doppi vetri, bussa alle porte con testa d'ariete. All'improvviso, prima no. Gli vado a far guerra. Come Non adesso? Non avete altro da fare che star

Il nome sopra il titolo

A un certo punto del romanzo nuovo, che nascerà compiuto se è lui a volerlo, io adesso non lo so, tutte le aziende che fabbricano contenitori di plastica - quelli dove nei supermercati ti mettono il paté, coi bottoncini del coperchio che fanno clac - smettono di produrli. E allora l'umanità entra in crisi. Si troverà il rimedio - dicono in tanti - è un problema che non esiste. E invece il rimedio non si trova, tutti gli altri contenitori non vanno bene: ci sarà un motivo se fino a quel momento abbiamo usato proprio quel tipo di vaschette e non altre. La gente sale nelle macchine con cartocci di paté che esce da tutte le parti e quando arriva a casa il fegato all'aceto è perso per sempre. Non c'è un motivo per cui le aziende hanno simultaneamente deciso di dire stop: è andata così e basta, e il fatto che sia andata così e basta è un motivo sufficiente per accettare pacificamente che non potesse andare altrimenti. Paradossi. Piccoli cortocircuiti della realtà. Che a guarda