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Visualizzazione dei post da febbraio, 2015

Buonvento

L'euforia - il buon vento che soffia a dolce tradimento, come una notizia tanto bella che non la speravi nemmeno - mi stacca di dosso ogni remora alla felicità, in una mattina che muore febbraio e già marzo s'avvisa dietro le palizzate dei grattacieli, in fondo al cielo. Ha una luce che incoraggia al ricordo, questa stagione spudorata; ha l'arditezza delle donne che istigano a vivere e reinsegnano ad amare, verbi che non avevano più coniugazione, prima di lei. Non ti sembra che le giornate siano più lunghe?, sussurrata al netto dello stupore è la domanda che spalanca la primavera. E allora si disfano i bagagli dell'inverno, perché la primavera è un viaggio da fare a cuor leggero; e si acconciano i paraggi in modo che procurino emozione. Adesso pulisco il terrazzo - adesso dopo che ho finito di scrivere, beninteso -  che è un posto dove leggere è sentire attorno viva e curiosa della sua stessa vita scritta tutta la genealogia di Cent'anni di solitudine - per que

Profezie

Una decina di anni fa Corrado Augias disse in tv - non so se per compiacenza al governo di allora o schietta convinzione - che se l'Italia non avesse adottato l'euro saremmo tutti andati a pietire un piatto di minestra alla Caritas. Ho ritrovato nella mia memoria - a guardar oggi la folta coda dei poveri cristi fuori delle mense diocesane in attesa della stessa minestra evocata da Augias  - quella incauta profezia e ho capito - definitivamente e tardivamente - che non sempre un'apparente, etica professionalità ci fa autorevoli. Sono giorni di foschia e  cielo spento, questi, quaresimali in forma e sostanza, che mi smaniano urgenze di primavera. Aprile ha già lasciato il segno nella mia vita, come altri mesi fatui e crudeli, tanto che se dovessi eleggerne uno a sua quintessenza dovrei far torto agli altri undici e allora è meglio temporeggiare. Un altro Aprile,  a bottega, mentre attendevo al pietoso compito del figlio devoto che studia da tabaccaio senza averne l'estro

Erio Nicolò

Mi sono innamorato di Erri a leggere I pesci non chiudono gli occhi , frammento poetico -  a fiotti di memoria senza capitoli - dell'adolescenza. Tutti siamo stati presi a quell'età da una ragazza più grande di noi, che un po' se la tirava un po' le facevi sangue se la guardavi. E il mare era il posto meno indicato per scoprire la vergogna della prima erezione in pubblico. Una volta al mare mio padre lesse per intero Tex Willer, avvicinandosi a me, anzi abbassandosi al mio livello per il tramite di una passione da solitari. C'era un signore che a casa sua, a Firenze, sopra un tavolo per non stancarsi un poco spiovente, disegnava l'America del secolo prima, i mustang, le scorribande dei predoni, i Navajos e i cacciatori di scalpi, e i bounty-killers e le donne temprate delle fattorie costruite nel nulla e nel vento. Si chiamava Erio, e io per anni pensai si fossero sbagliati a scriverlo, pensavo fosse Elio, come un mio zio alla lontana, o al massimo che il suo

Laddio

Mi piacerebbe scrivere un altro romanzo e dargli quel titolo, così, senza apostrofo, perchè ogni addio è già una separazione sufficiente senza bisogno di aggiungerne altre sintattiche. Racconterei gli addii a tempo, rimediabili, come stamattina che sei uscita da casa mia per la gioia poi di tornare, e ti aspetto, e aspetto che quel mia diventi  nostra , qui o altrove e comunque in un posto dove abitare non sia solo vivere vicini ma insieme. Nevica pioggia. Abbiamo provato a dire che ci piaceva la neve, nei giorni che eravamo bambini. Ora è un contrattempo che ha un unico - considerevole -  lato positivo: infilarsi a letto e stare abbracciati a contemplarsi mentre gelano le strade e  cristallizza il mondo. Dicono così, nelle canzoni audaci: l'intimità reclama il clima adatto; intorno dev'esserci silenzio e gente ragionevole che non fa casino con motori e strilli coniugali. Da bambino ho vissuto addii laceranti che duravano poche ore e che credevo per sempre. Mia madre mi lasci