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Visualizzazione dei post da dicembre, 2015

Snob

Che ne so, a un dato momento uno si stufa di stare sempre fuori della fila, si secca di tornare divagante sui suoi passi e poi prendere in mezzo ai campi per un sentiero che vede solo lui,  tra le colonne di girasoli, e sospetta che forse sarebbe il caso di procedere come tutti in linea retta. Allora per cominciare decide di andare a vedere il nuovo film di Checco Zalone, che certi recensori definiscono geniale. I precedenti film li ha visti in tv, li ha trovati ripugnanti, stupidi e offensivi nei confronti della parola cinema , ma lui è un fottuto snob. L'alternativa sarebbe Star Wars, perché il primo Guerre stellari gli è piaciuto da morire ma aveva dieci anni, e ai quarantenni di adesso che lo idolatrano e minacciano di morte (mica tanto per finta) chi ne svela il finale consiglierebbe la visione reiterata di Blade Runner, finché non colgono la differenza. Poi decide di leggere i libri di Luca Bianchini partendo dall'idea che se li deve far piacere, perché Bian

Gli invasati

Certi sfidano dio. Hanno una febbre inestinguibile che li alimenta, fanno cose che nessuno ha mai fatte e che non hanno senso pratico - è questa la loro bellezza -  e non hanno utilità. Non sono medici, non sono aviatori, non sono benefattori. Appartengono a una stirpe impercettibilmente diversa dal genere umano, sono i temerari, stanno discosti rispetto ai comuni mortali, non un passo indietro o un passo avanti: solo uno di lato. Nascono invasati da una qualche santa demonìa, non vivono che per il numero, la scommessa folle, l'avventura inosabile. Sono timbrati già al nido da una smania inavvertibile dai comuni mortali, è il modo loro di credere in dio perché se dio esiste non ama i cauti, e la sfida diventa una conversazione tra cielo e terra. Io credo che tipi così dio li faccia nascere per rimettere in moto - di tanto in tanto - l'evoluzione, quando si incaglia in qualche talk show o nella prassi e sintassi di una classe politica. A quel punto arriva la variabile folle, l&

L'orto letterario

E così vi giuro benedette le pause, le mattine lunghe cui arrivo dopo un sonno largo e profondo come un lago, quelle che non ho da uscire e resto in tuta a scrivere e controllare l'oblò della lavatrice, ogni tanto, che non ceda perché ho ingolfato il cestello e inondi il terrazzo. Benedetta la mia vita che è un orto che curo ogni giorno, zappettando e costruendo canaletti di scolo per le cose brutte, da licenziare. Se mando una mail è un seme che potrebbe portare un ingaggio; se mi piace l'inizio di una storia c'è il caso che sia la testa del nuovo romanzo. Non sprechiamo niente, da queste parti: ancora per poco via Patrizi, Terni. L'indirizzo muterà. Nello stesso tempo che il diaframma di foschia ci mette ad alzarsi sopra la città e a lasciare agio al sole stento, mi organizzo la giornata, cioé la vita, perché la vita non la concepisco se non come un corteo di giorni da far fruttare. Ecco l'orto. Seminiamo, seminiamo, seminiamo. Non c'è molto altro nella vita s

Sommare e sottrarre

Uguale a quando le sere d'estate ci avventuriamo satolli della pensione completa tra i banchi del mercato settimanale, e vagoliamo tra le cianfrusaglie esposte, e compriamo fumetti antichi, e arriviamo in fondo alla fiera dove l'ultimo rigattiere ha appeso sopra la frutta secca le lampadine colorate; è proprio da lì, tra la siepe scura e le dune ammucchiate dagli spazzasabbia che ci s'accorge del mare come d'una scoperta. Andiamo in spiaggia, allora, molliamo i figli all'animazione e scappiamo a far danni adolescenziali, a pomiciare sulle sdraio chiuse; o la mattina facciamo il bagno al largo e la convinco a mollare l'Apocalisse sul telo, e toccarsi è inevitabile appena coi costumi addosso. Uguale a quelle volte in cui ci si promette l'eternità e poi la promessa diventa ricordo e il ricordo romanzo e il romanzo una seconda vita. Sbarazzarsi di un po' di zavorra - come quegli oggetti sulle bancarelle, giudicati superflui da chi svuota la propria cantin

Il fantasma dei Natali passati

Io che arrotolo pensieri astrusi non mi faccio mancare la curiosità del giorno in cui morirò, il giorno dell'anno, dico, più che l'anno stesso, perché ho sempre messo più attenzione ai dettagli che al quadro d'insieme. E mi avventuro a immaginarlo senza paura: visto che non posso farci niente è sciocco temerlo. Non mi dispiacerebbe che fosse d'inverno: d'inverno sono nato d'inverno comincerei il viaggio di ritorno. E non sarebbe male che succedesse nello stesso giorno in cui, in un anno lontano, ho fatto qualcosa di memorabile: baciato, amato, sofferto davvero per la prima volta. Come scruto senza chiromanzia il futuro, allo stesso modo - ma in maniera più attendibile - rintraccio il passato affidandomi alla memoria, ai miei sensi ancora ragazzini, perché nella testa ho un elastico che s'allunga e s'accorcia. Ho vissuto quarantasette Natali; di quattro o cinque non ho assolutamente coscienza, ma quelli tra il 1972 e il 1977 sono stati colpevoli della mi