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Visualizzazione dei post da agosto, 2014

Come Paperino sul monte Orso

Comprare lo zucchero grezzo e - seduto e lieto - aspettare che salga il caffé dopo che hai sparecchiato. Fare le faccende di casa con la prospettiva di riprendere il romanzo da dove l'hai lasciato ieri, perché Jimmy dentro quella botte di mele, a sgamare l'ammutinamento, non può farci la muffa per colpa tua. Godersi i minuti che mancano all'inizio di Stardust Memories e riempire l'attesa mettendo in ordine il terrazzo. Sono parentesi tonde dentro cui proteggerti dagli accidenti del mondo, dalle cose noiose e ripetitive, dalle cose da fare per forza, dalla raccolta punti al supermarket, dalle conoscenze moleste. Mi ci rifugio come Paperino nel suo sacco a pelo in cima al monte Orso e là dentro, protetto dal freddo, sono vivo. Eccole, le sensazioni minute che rincorro! Certe piccole oasi sul cammino delle carovane danno lo stesso effetto. Il segreto  è questo: arrivarci con la testa, immaginandosele, sognandole, prima che diventino realtà e quindi essendo già felice prim

Forse mi tolgo la vita

Quando vado via vorrei tornare indietro - con la scusa degli occhiali lasciati sul frigo, dei Topolino scordati sulla finestra - e mettermi a sentire non visto cosa dicono di me quelli con cui sono stato fino allora. Specie se vai con l'anima appesantita, ché gli amici se ne sono accorti e appena non ci sei se ne chiedono il motivo, e raccontano: L'ho visto giù , o anche Non era lui, oggi , e pure - i più pratici - Avrebbe bisogno di ridere .  La terapia delle parole altrui è una mano santa, a patto che quelle che ti dicono siano le stesse pronunciate in tua assenza: a queste condizioni - rare - sono meglio di un antibiotico. Nando Martellini Capita anche che torni indietro e - nascosto al mondo - senti che nessuno parla. Sentire il silenzio dove sai che c'è gente - dentro una stanza, in una camera d'ospedale - mette un'ansia del diavolo. La gente non parla quando sospetta che colui di cui deve parlare è in ascolto e le cose che ha da dire sono troppo gravi e

Robin Williams, mio zio

Non sopporto i pagliacci negli ospedali. E non mi riferisco a certi medici - quelli chi li sopporta? -  ma proprio ai clown che vanno dai ragazzini ricoverati a gonfiare palloncini e fare giochi scemi. So che sono  volontari e li ammiro. Ma non li reggo. Non è colpa loro, sia chiaro. Caso mai mia. I clown mi danno una sinistra cupezza da che a sei anni li vedevo al circo. Per questo Patch Adams è l'unico film di Robin Williams che non mi è mai piaciuto. Ed è anche - più in generale - l'unica cosa che lui abbia fatto che se danno in tv non guardo mai. Perfino le sbronze e la cocaina a loro modo affascinano uno sobrio come me. Patch Adams no. Insomma una mattina ti svegli e -  mentre il caffé sale, tua figlia è in montagna e cerchi un paio di calzini puliti -  ti cadono gli occhi sulla pagina Fb di un amico e su quella pagina c'è la faccia di Mork. Accanto c'è scritto che è morto. Credi - speri - di aver letto male, trovi gli occhiali, leggi ancora mentre il caffé f

Sette centimetri l'anno

Se si parte si parta leggeri, che il giro sia dietro casa o del mondo, in 80 minuti o 80 giorni. Io quando parto raccolgo l'essenziale, cammin facendo comprerò quel che mi serve. Così oggi, che finalmente l'estate despota è arrivata: macchina fotografica, gomme americane, pochi spiccioli e via. È tanto che volevo andare a Civita di Bagnoregio, la città morente, costruita sul tufo dagli Etruschi 25 secoli fa. I calanchi ne erodono 7 centimetri l'anno, dicono gli esperti: una fine lenta, sarà ancora in piedi, più o meno come oggi, quando i miei nipoti - se ne avrò - saranno nonni. Ho sbagliato strada, come succede a chi guida pensando ai suoi sogni e a quella ragazza speciale e non guarda i cartelli. Son dilagato a Bagnaia, un tempo famosa per il mobilificio Petretti, poi finito in bancarotta e tragedia. Una signora con in faccia una ragnatela di rughe ma a suo modo bella usciva da una pasticceria. Le ho domandato la strada, mi ha spiegato che stavo andando da tutt'al

Il giorno dopo la festa

Hanno gettato cenere sopra il camino, soffocando l'ultimo fuoco. Noi eravamo già rincasati, gli altri si son fermati il tempo di fumare, tinti di buio non si vedevano più in faccia,  le sigarette piccole braci per capire dov'era l'uno, dov'era l'altro. Il viottolo, fatto soprappensiero di giorno, di notte diventa insidioso, senza parapetto com'è. Porta dalla radura al cancello; nelle tenebre è territorio - raccontano i sognatori, racconto io - di spiriti e animali selvatici: i primi sono sempre in ritardo a qualsiasi festa, arrivano che è finita, mugolano per il dispiacere e mentre andiamo via li scambiamo per vento; i secondi si acquattano nella boscaglia e aspettano che gli uomini passino per frugare sotto il patio se ci sono avanzi. Ogni compleanno è un rivedersi di maniera, epperò lascia il giorno dopo un'appetenza di rievocazione. Vorrei invitare tutti di nuovo e dir loro Quella di ier sera è stata solo la prova generale. Ristiamo insieme? Insomma sono