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Visualizzazione dei post da giugno, 2014

Cimeli

Lo scultore Voltero Bartolucci, Mauro Bortolotti e zio Gastone, 1957 Una baionetta della prima guerra mondiale: l'avevamo in casa, appesa al muro nel suo fodero. Quando hai una roba del genere non pensi che quella lama magari è finta nel ventre di qualche disgraziato.Ce l'hai lì e la mostri agli ospiti, ne racconti la storia, che l'ha portata dal fronte trentino un prozio, morto poi di polmonite. Marcò visita per via della febbre, un tenentino di prima nomina si convinse che faceva finta e lo mandò a spalare la neve. Morì in capo a tre giorni. Si chiamava Rosolino, aveva ventidue anni. Beh, di quella baionetta ora c'è rimasto il fodero floscio, lei è mozza. Capitò che il Comune, o lo Stato - chi si ricorda, ero bambino - emanò una legge: non si potevano tenere in casa armi bianche. Erano gli anni del terrorismo, anche un punteruolo poteva dar la stura alla rivoluzione. Così Gastone prese una sega elettrica e la amputò all'elsa. C'è rimasto il moncherino. Mi

A parte forse la sporcizia sotto le nostre unghie

Quando eravamo ragazzini giocare a pallone era un'impresa. Ci sloggiavano dal campo, qualunque fosse: la piazzetta davanti casa, un prato incolto che fingevamo san Siro, il cortile di un ospizio chiuso per debiti. Entrava l'estate e noi uscivamo. Avevamo appena riposto la roba di scuola col suo odore di maestre secche, gesso e lisoformio, che subito ci pigliava la smania alle gambe ed eravamo per strada. Si viveva senza paura, con la bellezza del giorno lungo di luce e la prospettiva che a sera avremmo mantenuto lo stato di grazia in terrazzo: lì sopra, al chiaro del lampione assediato da falene matte d'amore, ci aspettava la sedia di plastica e il seguito a fumetti dell'avventura coi comancheros. Avevo pochi anni, e a pochi anni hai necessità di costruirti attorno fortini di benessere, da abitare uno dopo l'altro, per non rimanerne mai sprovvisto. C'è che casa mia si spalanca in un tratto di vicolo che è come un'ansa di fiume: placido s'allarga col suo

Campioni del mondo a vita

Del '78 - prima di quell'anno non ho memoria di partite di calcio in tv: non mi attiravano, ero troppo piccolo -  ricordo il gol di Zaccarelli alla Francia, il gesto dell'ombrello di mio padre a Platini, l'Argentina che vince in casa sua grazie a una combine nel girone eliminatorio: era l'epoca orrenda dei Colonnelli e dei desaparecidos . I Mondiali di calcio sono un buon sistema per misurare il tempo, una colossale clessidra la cui sabbia finisce solo ogni 4 anni, e ogni 4 anni tu la capovolgi, e accumuli passato da rigurgitare poi. Nel '78 ritrovo - a sfogliarlo -  anche Aldo Moro e papa Luciani, e la vacanza coi miei in Sardegna, con l'Alfetta: i misteri d'Italia, di cui avevo appena una vaga idea, e la giovinezza normale di mio padre e mia madre. A me la normalità  - gioie e dolori borghesi, sopportabili - non sarebbe toccata; al suo posto, il benessere più aristocratico e poi il dolore più atrocemente proletario. Dell'82 spagnolo ricordo il c

Fotografare il passato

Per andare da un quartiere di pozzi, macellerie e scale a uno di giardini, Narni ha tante strade diverse. Tagliandola da sud a nord, come una formica che risale il corpo di un bambino, puoi passare costeggiando la Flaminia, ed è la via più comoda e breve, ma vedi solo le facciate delle case, ti perdi il dentro: i cortili arrampicati, e il dietro: le schiene dei palazzi scorticati d'intonaco. Meglio è scegliere - se hai tempo, viaggiatore - le linee contorte dei vicoli che tornano su se stessi due, tre volte, e saliscendono estenuanti prima di portarti a destinazione. Così giri a piedi - che è sempre la cilindrata migliore - e ti senti dar del turista da un concittadino. M'è capitato ieri. Non è un insulto, ci mancherebbe, ma turista a Narni io proprio no. Poi mi ha riconosciuto, quell'amico, e mi ha chiesto gli anni, li ho confessati, ha aggiunto "Sul serio? Te ne davo sette o otto di meno". Giuro, è andata così. Infine il discorso ha preso la piega triste che imm