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Visualizzazione dei post da dicembre, 2014

Mia madre

Certe sere mia madre tornava dalla tabaccheria e io l'aspettavo in finestra. Era bello aspettarla, d'inverno e d'estate. D'inverno perché stare dentro casa a guardar fuori la notte gelata mi dava un'emozione da assediato; d'estate perché la Flaminia era luminosa, la gente vestiva leggera e rideva salutandosi e se mi staccavo per un attimo dalla finestra giocavo a indovinare se quella voce era la sua o no. Leggevo tanto già allora, lei mi portava Tex e La Storia del West . Il dopocena allora prendeva una piega fantastica, solo in quei momenti ho desiderato che la mia vita non finisse mai e che fosse sempre come era. I sentimenti di quella stagione che a viverla sembrò interminabile e che ora è talmente lontana da parermi la vita di un altro mi ricompaiono adesso, come amici che fanno l'improvviso sulla porta di casa, dopo trent'anni di lontananza. Era un'epoca infelice, per lo più, eppure a guardarla ora fortunatissima. C'erano persone che mi am

Ho messo in circolo il mio amore

Guardo fuori dalla portafinestra, c'è una strada, cani che orinano sulle saracinesche dei garage, un sabato che l'anno alla fine e il freddo fanno inospitale, una donna stupida o cattiva (o tutt'e due) che ogni volta che parcheggia si prende due posti, due vecchi a passeggio che han dimenticato di morire. In piedi dentro il mio ingressoconangolocottura osservo non visto e riepilogo a memoria le cose fatte - non solo accadute, fatte perché ne ho avuto dominio - in questo stupefacente duemilaquattordici. A ogni ripiegamento occorre la sua musica, per cui scelgo Liga e Liga mette in circolo il suo amore, che poi è il mio perché uguale al mio vive di novità, inversioni di marcia, camere d'albergo dove lasciare il cuore, scoperte sbalorditive, come trovare fiori in un campo che credevi solo di ortiche. C'è un premio alla  fine dell'inferno, ma solo se ce la fai a farlo tutto senza prendere scorciatoie, senza stordirti di liquori e ansiolitici. Te, Franceschini, con

Il destino di uno scrittore

Ieri ho parlato ancora una volta di Mirka, la ragazzina che sono diventato dentro al romanzo, e ho raccontato come non sia stato poi così difficile indossare le sue scarpe, ragionare e parlare come farebbe lei se fosse vera. La quarta persona è entrata in nuove case ed è sempre un'emozione pudica quando succede. Non vorrei mai essere invadente, ho insegnato a Mirka a chiedere permesso; lei - nonostante quel caratteraccio che si ritrova - ha tenuto a freno la lingua e risposto a tutte le domande, perfino quelle bislacche. Le han chiesto se non avesse un amorino. Ha detto - impassibile - che nelle pagine bianche tra un capitolo e l'altro, fuori campo, magari è successo pure. Ma immaginatevelo voi , ha aggiunto. Dal canto mio - parlo del me fuori dal libro, che torna quarantasettenne e uomo - la vita inspiegabile piegata fino a settembre all'irrazionalità del dolore ha trovato il proprio senso in una nuova stagione di bellezza. Se mi stacco dalle cose che incidono il giorno

Il peso specifico della felicità

Ieri il nostro matrimonio sarebbe diventato diciottenne. Ci siamo sposati il 15 dicembre del '96, non avevo neanche trent'anni. Festeggiano le nozze d'argento e d'oro, i più fortunati. Non ho mai sentito parlare delle nozze maggiorenni : magari le avremmo inventate noi e celebrate sobriamente, come ogni altra ricorrenza. Tre mesi fa avrei detto che mi aspettava, vile come sempre, un altro anniversario di lutto, di stordimento. Invece ieri ho preso per mano la donna che amo, ho riso e parlato con lei, che è l'impalcatura su cui poggia tutto il resto della mia vita. Ti ho onorata, evocata, dicendole che ne sono innamorato, perché non c'è contraddizione tra il tuo tenero ricordo e questo miracoloso presente. Lei è la donna che qualunque uomo in cerca della fortuna vorrebbe avere accanto. Grazie al cielo di uomini  orientati nell'unica direzione che vale qualunque prezzo ce ne sono sempre meno e allora per sorte, per tua mano - chissà -  è arrivata fino a me.

Recensione bellissima...

Se dio decidesse di discendere nuovamente sulla terra, disciolto dal vincolo di dispensare a ciascuno il castigo o la ricompensa secondo le proprie colpe o i propri meriti, il santissimo preferirebbe una fugace comparsa su un format tv in diretta globale o una ierofania a reti unificate sul notiziario delle venti, con un codazzo di addetti stampa. Invece, è nei panni di un tatuatore scaltro e corpulento che sceglie di incarnare il nume la fantasia “randomica” di Francesco Franceschini, autore de La quarta persona più importante, Verbavolant edizioni. Segno dei tempi. Che sia comodo leggervi un’allegoria o più semplicemente un divertissement letterario e bizzarro, le ragioni sono da ricercare più nei dettagli e negli effetti che questo romanzo surreale e comico, a tratti sornione con le questioni spinose della teologia, produce sul lettore, prodigo di espedienti narrativi originali e stravaganti che si diramano copiosi come rivoli nel fiume della narrazione (come il papa groupie che