Prima di addormentarmi raduno le idee leggere, quelle che il giorno son scappate sulle colline, allegre come sono e piene di vento. Le raduno e spero che una di loro resti tutta la notte, al contrario di certe amiche che vanno via quando l'alba è ancora lontana, lasciandomi stordito di nostalgia. Capita però che una fantasia asprigna si intrufoli tra quelle soavi, le contamini, è successo stanotte, non ho saputo difendermi. La memoria è un film di un milione di giorni e quel giorno di stanotte è una sera d'estate, verso le nove, e perdonatemi se qui il racconto diventa farraginoso, e il tempo uno scioglilingua. Viaggiavamo, io Alessandra e Susanna - che era piccola e stava sdraiata nel sedile di dietro - da Narni verso la città, nella Opel blu che all'epoca aveva fatto appena duemila chilometri. Guidavo piano, come in quella canzone di Concato, e tutto sembrava destinato a durare per sempre. Nostra figlia cantava una canzone di Pacifico, poi la voce le si invischiò di sonno
Una ragazza di trent'anni sta in ginocchio sotto la pioggia davanti alle vetrine della Ubik, in corso Tacito. Tiene in mano un barattolo di alluminio, lo sguardo basso. Qualcuno che passa ci mette dentro una moneta, poi va via di fretta, per non star troppo a ragionare con la propria coscienza. Un camionista ha fermato il suo bisonte in un'area di servizio, è notte, ci dorme dentro, non ha i soldi per l'albergo, sua moglie sta ottocento chilometri lontano. Forse piange, ma solo se nessuno lo vede. Un bambino in un istituto non ha padre né madre, o meglio ce li ha ma sono inaffidabili, al contrario di lui, ma nessuno lo vuole. Dicono che ogni tanto è come se vivesse in un mondo tutto suo, si chiude dentro a un bunker e non fa entrare nessuno. Il dolore è invisibile, certe volte; certe altre è tanto accecante che chiudiamo gli occhi e scompare. Da una vita sono così concentrato sul mio da non vedere più quello degli altri. Mi ha spaccato a metà e per ricompormi - come il vis